Aclaraciones de la Archidiócesis de Olinda y Recife sobre la supuesta excomunión a una niña de nueve años por aborto
ARQUIDIOCESE DE OLINDA E RECIFE
CÚRIA METROPOLITANA
DECLARAÇÃO DA CÚRIA METROPOLITANA
DA ARQUIDIOCESE DE OLINDA E RECIFE
Considerando a ampla divulgação do caso recente, ocorrido nesta cidade de Recife, de uma menina de apenas 9 anos de idade que foi submetida a um aborto, esta Cúria Metropolitana declara:
1. Todos os esforços desta Arquidiocese foram no sentido de salvar a vida das TRÊS crianças.
2. Nossa Santa Igreja Católica sempre condenou todas as violações graves da lei de Deus (p. ex. injustiças, homicídios, pedofilia, estupro, etc.) mas colocou em evidência quais são as violações mais graves, sobretudo o aborto que é a supressão de uma vida de um ser humano inocente e indefeso. Para cumprir mais eficazmente sua missão de convencer os fiéis a observarem esta lei de Deus, a Igreja estabeleceu a penalidade medicinal da excomunhão latae sententiae, isto é, que se incorre automaticamente pelo simples fato de cometer o delito.
3. Não foi, portanto, o Arcebispo Dom José Cardoso que excomungou alguém. Depois do fato consumado, o Arcebispo simplesmente mencionou a lei vigente que se encontra no Cân. 1398 do Código de Direito Canônico: “Quem provoca aborto, seguindo-se o efeito, incorre em excomunhão latae sententiae".
4. Esta excomunhão, aplicada, automaticamente, aos adultos, - portanto, não à menina de 9 anos - tem como finalidade a conversão de quem praticou o aborto, pois é missão da Igreja levar todos à salvação, já realizada por Nosso Senhor Jesus Cristo. Portanto, não é uma exclusão definitiva da nossa Santa Igreja Católica, desde que os envolvidos se arrependam de seus atos.
5. Esta disciplina foi estabelecida pela nossa Santa Igreja em todos os tempos. Recordamos o que diz o Catecismo da Igreja Católica no nº 2271 (promulgado oficialmente pelo Papa João Paulo II): “Desde o século I, a Igreja afirmou a maldade moral de todo aborto provocado. Este ensinamento não mudou. Continua invariável. O aborto direto, quer dizer querido como um fim ou como meio, é gravemente contrário à lei moral".
O Papa cita em seguida as palavras do documento DIDACHÉ do I século: “Não matarás o embrião por aborto e não farás perecer o recém-nascido".
Em seguida, o Catecismo da Igreja Católica cita as seguintes palavras do Concílio Vaticano II: “Deus, Senhor da vida, confiou aos homens o nobre encargo de preservar a vida, para ser exercido de maneira condigna ao homem. Por isso a vida deve ser protegida com o máximo cuidado desde a concepção. O aborto e o infanticídio são crimes nefandos". E acrescenta: “O inalienável direito à vida de todo indivíduo humano inocente é um elemento constitutivo da sociedade civil e de sua legislação".
Recordemos enfim as palavras dirigidas pelo Papa Bento XVI no passado dia 9 de fevereiro ao novo Embaixador do Brasil junto à Santa Sé: “Desejo reiterar aqui a esperança de que, em conformidade com os princípios que zelam pela dignidade humana, dos quais o Brasil sempre se fez paladino, se continuem a fomentar e divulgar os valores humanos fundamentais, sobretudo quando se trata de reconhecer de maneira explícita a santidade da vida familiar e a salvaguarda do nascituro, desde o momento da sua concepção até o seu termo natural. Pari passu, no que diz respeito às experiências biológicas, a Santa Sé vem promovendo incontinênti a defesa de uma ética que não deturpe e proteja a existência do embrião e o seu direito de nascer".
Recife, 10 de março de 2009
Pe. Cícero Ferreira de Paula
Chanceler e Professor de Direito Canônico
11 comentarios
della bambina brasiliana
di Rino Fisichella
Arcivescovo presidente
della Pontificia Accademia per la Vita
Il dibattito su alcune questioni si fa spesso serrato e le differenti prospettive non sempre permettono di considerare quanto la posta in gioco sia veramente grande. È questo il momento in cui si deve guardare all'essenziale e, per un attimo, lasciare in disparte ciò che non tocca direttamente il problema. Il caso nella sua drammaticità è semplice. C'è una bambina di soli nove anni - la chiameremo Carmen - che dobbiamo guardare fisso negli occhi senza distrarre lo sguardo neppure un attimo, per farle capire quanto le si vuole bene. Carmen, a Recife, in Brasile, viene violentata ripetutamente dal giovane patrigno, rimane incinta di due gemellini e non avrà più una vita facile. La ferita è profonda perché la violenza del tutto gratuita l'ha distrutta dentro e difficilmente le permetterà in futuro di guardare agli altri con amore.
Carmen rappresenta una storia di quotidiana violenza e ha guadagnato le pagine dei giornali solo perché l'arcivescovo di Olinda e Recife si è affrettato a dichiarare la scomunica per i medici che l'hanno aiutata a interrompere la gravidanza. Una storia di violenza che, purtroppo, sarebbe passata inosservata, tanto si è abituati a subire ogni giorno fatti di una gravità ineguagliabile, se non fosse stato per lo scalpore e le reazioni suscitate dall'intervento del vescovo. La violenza su una donna, già grave di per sé, assume una valenza ancora più deprecabile quando a subirla è una bambina, con l'aggravante della povertà e del degrado sociale in cui vive. Non c'è linguaggio corrispondente per condannare tali episodi, e i sentimenti che ne derivano sono spesso una miscela di rabbia e di rancore che si assopiscono solo quando viene fatta realmente giustizia e la pena inflitta al delinquente di turno ha certezza di essere scontata.
Carmen doveva essere in primo luogo difesa, abbracciata, accarezzata con dolcezza per farle sentire che eravamo tutti con lei; tutti, senza distinzione alcuna. Prima di pensare alla scomunica era necessario e urgente salvaguardare la sua vita innocente e riportarla a un livello di umanità di cui noi uomini di Chiesa dovremmo essere esperti annunciatori e maestri. Così non è stato e, purtroppo, ne risente la credibilità del nostro insegnamento che appare agli occhi di tanti come insensibile, incomprensibile e privo di misericordia. È vero, Carmen portava dentro di sé altre vite innocenti come la sua, anche se frutto della violenza, e sono state soppresse; ciò, tuttavia, non basta per dare un giudizio che pesa come una mannaia.
Nel caso di Carmen si sono scontrate la vita e la morte. A causa della giovanissima età e delle condizioni di salute precarie la sua vita era in serio pericolo per la gravidanza in atto. Come agire in questi casi? Decisione ardua per il medico e per la stessa legge morale. Scelte come questa, anche se con una casistica differente, si ripetono quotidianamente nelle sale di rianimazione e la coscienza del medico si ritrova sola con se stessa nell'atto di dovere decidere cosa sia meglio fare. Nessuno, comunque, arriva a una decisione di questo genere con disinvoltura; è ingiusto e offensivo il solo pensarlo.
Il rispetto dovuto alla professionalità del medico è una regola che deve coinvolgere tutti e non può consentire di giungere a un giudizio negativo senza prima aver considerato il conflitto che si è creato nel suo intimo. Il medico porta con sé la sua storia e la sua esperienza; una scelta come quella di dover salvare una vita, sapendo che ne mette a serio rischio una seconda, non viene mai vissuta con facilità. Certo, alcuni si abituano alle situazioni così da non provare più neppure l'emozione; in questi casi, però, la scelta di essere medico viene degradata a solo mestiere vissuto senza entusiasmo e subito passivamente. Fare di tutta un'erba un fascio, tuttavia, oltre che scorretto sarebbe ingiusto.
Carmen ha riproposto un caso morale tra i più delicati; trattarlo sbrigativamente non renderebbe giustizia né alla sua fragile persona né a quanti sono coinvolti a diverso titolo nella vicenda. Come ogni caso singolo e concreto, comunque, merita di essere analizzato nella sua peculiarità, senza generalizzazioni. La morale cattolica ha principi da cui non può prescindere, anche se lo volesse. La difesa della vita umana fin dal suo concepimento appartiene a uno di questi e si giustifica per la sacralità dell'esistenza. Ogni essere umano, infatti, fin dal primo istante porta impressa in sé l'immagine del Creatore, e per questo siamo convinti che debbano essergli riconosciuti la dignità e i diritti di ogni persona, primo fra tutti quello della sua intangibilità e inviolabilità.
L'aborto provocato è sempre stato condannato dalla legge morale come un atto intrinsecamente cattivo e questo insegnamento permane immutato ai nostri giorni fin dai primordi della Chiesa. Il concilio Vaticano ii nella Gaudium et spes - documento di grande apertura e accortezza in riferimento al mondo contemporaneo - usa in maniera inaspettata parole inequivocabili e durissime contro l'aborto diretto. La stessa collaborazione formale costituisce una colpa grave che, quando è realizzata, porta automaticamente al di fuori della comunità cristiana. Tecnicamente, il Codice di diritto canonico usa l'espressione latae sententiae per indicare che la scomunica si attua appunto nel momento stesso in cui il fatto avviene.
Non c'era bisogno, riteniamo, di tanta urgenza e pubblicità nel dichiarare un fatto che si attua in maniera automatica. Ciò di cui si sente maggiormente il bisogno in questo momento è il segno di una testimonianza di vicinanza con chi soffre, un atto di misericordia che, pur mantenendo fermo il principio, è capace di guardare oltre la sfera giuridica per raggiungere ciò che il diritto stesso prevede come scopo della sua esistenza: il bene e la salvezza di quanti credono nell'amore del Padre e di quanti accolgono il vangelo di Cristo come i bambini, che Gesù chiamava accanto a sé e stringeva tra le sue braccia dicendo che il regno dei cieli appartiene a chi è come loro.
Carmen, stiamo dalla tua parte. Condividiamo con te la sofferenza che hai provato, vorremmo fare di tutto per restituirti la dignità di cui sei stata privata e l'amore di cui avrai ancora più bisogno. Sono altri che meritano la scomunica e il nostro perdono, non quanti ti hanno permesso di vivere e ti aiuteranno a recuperare la speranza e la fiducia. Nonostante la presenza del male e la cattiveria di molti.
(©L'Osservatore Romano - 15 marzo 2009)
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¿Los médicos no merecen la excomunión? Una de dos: O hacen otro Código o que se pongan de acuerdo...
Seguimos dando armas a quienes quieren devorarnos. Y seguimos, además, confundiendo a los pequeños. No puedo entenderlo.
Vamos, que si yo fuera él, me retiraría a la Trapa para no volver a asomar la gaita públicamente desde ahora hasta que el Señor me llevara a su presencia.
Necesitan asistentes jurídico-sociales con sentido común e internautas empedernidos, pero católicos, estos obispos, urgentemente. Ya lo dijo el Santo Padre. A ver cuándo sacan la oferta de empleo pública los de Vatican.va. Porque me temo que estén abducidos por ciertas catervas de católicos buenistas -más que nada, porque es lo que estadísticamente abunda más-
Todos los cristianos responsables aborrecemos la violencia.
Todos los cristianos verdaderos estamos contra la cultura de la muerte.
Todos los cristianos fiieles estamos con nuestros pastores y con la santa Iglesia de Jesucristo.
Unidos al Santo Padre en una sola voluntad y en un solo amor.
Ruega por nosotros Santa Madre de Dios ¡¡.
" -monseñor, verá, es que están llegando muchos emailes y telefonazos para exigirle a Vd. que se pronuncie condenando la intolerancia excomulgatoria del obispo de Brasil a la niña esa que abortó
- ¿ah sí... yo es que no me he enterado de nada, qué niña, qué obispo...?
- bueno, monseñor, es que es largo de contar, el caso es que don Fisichella ha declarado que fue precipitada la excomunión...
- ah, si lo dice Fisichella, bien estará, habrá motivos, diga Vd. que digo yo lo mismo, muchas gracias por avisarme
- de nada monseñor, ahora preparo el comunicado"
¿A que suena? Lamentable. Mejor siempre decir "yo digo lo mismo que haya dicho el Santo Padre sobre el tema, lo que dice el Catecismo, el Código de derecho canónico y todos los documentos del magisterio y la tradición de la Iglesia".
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